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cosa facciamo per far valere i nostri diritti

Ciao a tutti! Sono qua con un'altra riflessione autobiografica che vorrei condividere e trasformare in una discussione. È innegabile, da ciò che ho letto e sentito, che, generalmente, per gli Asperger sia più difficile far valere i propri diritti ( al lavoro, nelle relazioni interpersonali; come consumatori e cittadini...).
Oggi ho compiuto un'azione per me difficilissima proprio a questo scopo.
Dopo anni di diritti calpestati o ignorati al lavoro, ho scritto, Nero su Bianco, una lettera al mio Superiore, facendo presenti i troppi incarichi che mi sono stati assegnati ( alcuni senza compenso economico e dati a me perché altri hanno rifiutato e loro sanno farlo...) e il raggiungimento dei miei limiti in termini di tempo e energie. Ho comunicato la decisione di dimettermi da un incarico, assunto per anni in forma volontaria e gratuita, perché il carico è troppo oneroso.
Da tempo l'ansia sta tornando, e con lei l'insonnia, proprio per questo carico eccessivo, mentre altre persone lavorano poco ( e a volte male) ma sono lasciate in pace o addirittura affidate a chi lavora, nel senso che poi si deve fare anche il lavoro di chi non lo fa. Scusate se scrivo male ma l'insonnia mi tormenta. Sicuramente a molti di voi succedono esperienze simili e mi piacerebbe un confronto su questo. Io, aiutata dal mio terapista e dal mio compagno, neuritipico, dopo aver provato per anni a non essere calpestata e ridotta a uno zerbino, sperando nell'empatia, nel buon senso...ho deciso di scrivere ( lettera fatta prima protocollare ). Ora sono molto agitata ma la mia decisione è stata accettata dal mio Superiore, che, all'inizio, ha preso la cosa sul ridere ma poi, leggendo, non ha più riso. Ha tentato la carta del lodare le mie capacità ( prima ignorate o anche derise), del puntare sul senso di responsabilità, sull'orgoglio e sul senso di colpa ma sono stata categorica. Ringrazio per questo il mio compagno che mi ha aiutata, prima, a inscenare possibili reazioni e mie conseguenti azioni.
Oggi ho compiuto un'azione per me difficilissima proprio a questo scopo.
Dopo anni di diritti calpestati o ignorati al lavoro, ho scritto, Nero su Bianco, una lettera al mio Superiore, facendo presenti i troppi incarichi che mi sono stati assegnati ( alcuni senza compenso economico e dati a me perché altri hanno rifiutato e loro sanno farlo...) e il raggiungimento dei miei limiti in termini di tempo e energie. Ho comunicato la decisione di dimettermi da un incarico, assunto per anni in forma volontaria e gratuita, perché il carico è troppo oneroso.
Da tempo l'ansia sta tornando, e con lei l'insonnia, proprio per questo carico eccessivo, mentre altre persone lavorano poco ( e a volte male) ma sono lasciate in pace o addirittura affidate a chi lavora, nel senso che poi si deve fare anche il lavoro di chi non lo fa. Scusate se scrivo male ma l'insonnia mi tormenta. Sicuramente a molti di voi succedono esperienze simili e mi piacerebbe un confronto su questo. Io, aiutata dal mio terapista e dal mio compagno, neuritipico, dopo aver provato per anni a non essere calpestata e ridotta a uno zerbino, sperando nell'empatia, nel buon senso...ho deciso di scrivere ( lettera fatta prima protocollare ). Ora sono molto agitata ma la mia decisione è stata accettata dal mio Superiore, che, all'inizio, ha preso la cosa sul ridere ma poi, leggendo, non ha più riso. Ha tentato la carta del lodare le mie capacità ( prima ignorate o anche derise), del puntare sul senso di responsabilità, sull'orgoglio e sul senso di colpa ma sono stata categorica. Ringrazio per questo il mio compagno che mi ha aiutata, prima, a inscenare possibili reazioni e mie conseguenti azioni.
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Commenti
che mi fa impazzire se penso che le cose che ho toccato insieme a te debbano svanire...dimmi che non è, dimmi che non è tutta un'illusione...un'illusione"
che mi fa impazzire se penso che le cose che ho toccato insieme a te debbano svanire...dimmi che non è, dimmi che non è tutta un'illusione...un'illusione"
Far valere le proprie ragioni in modo tranquillo ma fermo è sicuramente un bel risultato.
far valere i nostri diritti è un nostro diritto ( e dovere???) ma è una lotta!
Con loro non è servito; non mi rispondono neppure...ma con il mio superiore ci voleva per forza una strategia diversa e, a volte, l'unico modo è quello di essere molto formali e attaccati alla Legge. Esistono i Sindacati, io sono iscritta, e esistono Leggi sul benessere dei lavoratori, anche se i Capi spesso le dimenticano...
Comunque ora mi sento più forte. un pochino!
Buondì,
so di arrivare tardi alla discussione, ma provo lo stesso a buttare lì la mia esperienza.
Innanzitutto bravissima Katriss, io al tuo posto finisco per dire a me stesso che non accetterò mai il lavoro di turno (ovviamente si parla sempre di andare oltre ai miei doveri contrattuali) che cercano di sbolognarmi e finisco poi puntualmente per farlo come da specifiche richieste e per giunta per settimane continuo poi ad interrogarmi sul come sia potuto accadere.
Penso che il motivo risieda nel fatto che, mi mancano gli strumenti sociali per dire di no. Mi spiego meglio, non so fisicamente come fare a dire di no, come giustificare il diniego. Ovvero se parto dicendo di no in modo timido cercando di sfilarmi finisce che mi scaricano il lavoro coinvolgendomi poco alla volta. Inoltre spesso mi dipingono, situazioni diverse da quelle finali che troverò. Dire no brusco secco ed irremovibile, d’altronde, mi pare scortese e temo che le persone se ne abbiano male e che poi ci siano delle ripercussioni, e delle rappresaglie. Per di più i risultati del lavoro in più che faccio non riesco poi neppure a spenderli molto bene, nonostante i buoni risultati ottenuti, ma quello di sapermi spendere e pubblicizzarmi agli occhi degli altri è un altro problema.
Tutto questo e anche di peggio, finisce, in certi periodi della mia vita, con il farmi venire molta ansia che si trasforma in una vera e propria sensazione fisica, è come avere un peso che provoca un insopportabile dolore allo stomaco, accompagnato alla rabia per la malafede che vedo negli altri che lentamente aumenta fino a che mi viene da sbottare. Con il tempo ho imparato a tenere questa sensazione a bada almeno fino a quando finisco il lavoro (per fortuna si tratta sempre di brevi periodi di pochi mesi) il che mi consente poi di calmarmi ed evitare di fare o dire cose inopportune.
Mentre la rabia fin da bambino ho imparato a gestirla bene, l’ansia mi da tutt’oggi dei problemi, come te faccio lunghi periodi in cui la notte non dormo, o meglio, vado in uno stato di dormiveglia dove non riesco a non pensare in cui permango per ore. La cosa brutta è che ormai mi ci sono pure abituato e cosi non provo neanche a dormire, resto li in quello stato fino all’alba, quando mi addormento per un paio di ore fino a quando poi suona la sveglia. Questo per fortuna non accade sempre, ma solo in periodi particolarmente stressanti come questo (non capitava da qualche anno).
Su consiglio di una collega vicina alla pensione ora ne ho provata un'altra...per me più indolore. All'ennesima riunione fissata nel mio giorno libero... ho risposto con una mail al Dirigente dicendo che non parteciperò avendo già un precedente impegno preso in tale data proprio perché è il mio giorno libero... voglio vedere cosa accade; mi violano talmente tanti diritti che non temo più un richiamo per una cosa del genere...tanto più che ho deciso di cambiare posto di lavoro a fine anno scolastico ( sperando che ci sia un posto libero vicino a casa). purtroppo più si fa più gli altri pretendono; non vedono la nostra stanchezza o depressiibe ( percge non vogliono vederla) e noi non sappiamo venderci e Pubblicizzarci quindi spesso siamo ignorati nei nostri meriti... sto spiegando i diritti umani in classe e mi sento molto coinvolta.