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  • Maggio 7, 2018
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Simple Simon

Posted In: Recensioni

Non ci sono sentimenti nello spazio

Autore: Marco Minniti

Commedia svedese del 2010, che ha come titolo originale “Non ci sono sentimenti nello spazio”, Simple Simon usa proprio la metafora cosmica per narrare la di Simon, diciottenne nello Spettro (lieve – ) che, nei momenti di maggiore , si rinchiude in un grande contenitore di metallo, immaginandosi come un astronauta alla deriva nel cosmo.

Il 19 maggio 2018, all´interno del corso psico-educativo Stelle Diverse, Roma

Quel cosmo in cui, per lui, tutto è prevedibile, rassicurante e privo dei cambiamenti improvvisi, e destabilizzanti, che suo malgrado continua a incontrare nella vita di tutti i giorni.

Quando il giovane, involontariamente, provoca la rottura tra suo fratello maggiore Sam e la sua fidanzata Frida, allora decide di darsi da fare per rimediare. Perché l´eliminazione di Frida dalla vita quotidiana dei tre è un intollerabile, per la rigidamente strutturata di Simon; e, forse, anche perché il ragazzo, sentendosi responsabile dell´accaduto, vuole che suo fratello torni presto a stare bene.

Così, Simon stila una lista di tredici domande che misurano l´affinità delle varie candidate con gli e la di suo fratello; la vincitrice sarà quella che risponderà correttamente a tutti (o quasi) i quesiti. Ma, presto, Simon dovrà rendersi conto che la chimica dei sentimenti è per sua natura imprevedibile. Questa consapevolezza finirà, forse, per cambiare in meglio la sua vita, prima ancora di quella di Sam.


I sottotitoli del proiettato il 19 maggio saranno in italiano

Il film è una sorta di estensione di un precedente cortometraggio dallo stesso titolo, e rappresenta l´esordio nel lungometraggio del regista svedese Andreas Öhman. Un esordio che gli varrà anche la selezione ufficiale della Svezia per la corsa agli Oscar.

Arrivato in un periodo in cui il cinema aveva già trattato, più volte, il tema della Sindrome di Asperger, Simple Simon cerca di approcciare l´argomento da un punto di leggermente diverso dal solito: lo fa utilizzando l´ del protagonista per costruirgli intorno (e dentro) un mondo colorato e fantasioso, che dia una forma plastica al suo pensiero visivo e al suo rigido bisogno di struttura.

Il tono è lieve, dolcemente surreale e stralunato, teso ad unire l´estetica cheap e vagamente videoclippara di tanto indie americano ed europeo (viene in mente Michel Gondry) con l´umorismo sopra le righe della commedia scandinava. Le metafore sono sempre trasparenti ed esplicite (lo spazio, la capsula come elemento di protezione), il tono è surreale e (a ) volutamente eccessivo, ma costruito in modo da arrivare in modo diretto allo spettatore.

Il protagonista risulta un po´ un compendio dei più comuni tratti autistici, tutti ritratti in modo acuto, e finalizzati allo scontro (non solo metaforico) con un mondo neurotipico con cui Simon dovrà imparare a fare i conti. Scoprendo anche che i contatti, gli scontri e gli imprevisti possono avere un lato piacevole.La leggerezza, volutamente semplificata, con cui viene rappresentato l´Asperger del protagonista, l´umorismo privo di aspetti pietistici (ma anche rispettoso e – nel contesto grottesco e didascalico del film – sostanzialmente realistico) che permea la sua storia, fanno pensare che gli sceneggiatori di una fortunata (e successiva) come Atypycal, abbiano preso da qui più di una suggestione.

Una nota di merito va riservata anche all´interprete protagonista, Bill Skarsgård, che anni dopo impersonerà il ben meno rassicurante clown Pennywise nell´horror It, tratto dal romanzo di Stephen King.

Il 19 maggio 2018, all´interno del corso psico-educativo Stelle Diverse, Roma

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